giovedì 27 novembre 2014

Dylan Dog 339 - Anarchia nel Regno Unito


LORENZO BARBERIS.

Spoiler alert, as usual.

Con questo numero di dicembre, il 339, si chiude il 2014 di Dylan Dog, anno che ha visto l'avvio del tanto atteso "nuovo corso" del personaggio.

Partiamo da una curiosità: nelle anteprime, l'albo era definito "Anarchia in Inghilterra", mentre il vero titolo in edicola è stato "Anarchia nel Regno Unito". Citazione più corretta di "Anarchy in the UK" dei Sex Pistols, il singolo che il 26 novembre 1976 (la corrispondenza è quindi perfetta...) dà l'avvio al punk.



L'albo viene citato anche dalla bella copertina, che è pressoché identica alla cover originaria dell'albo. Inoltre la trama dell'opera, come palesato anche da Recchioni nelle sue sempre puntuali introduzioni alla storia, è ispirata a un classico come "Assault on Precint 13" di Carpenter, sempre del 1976 e parimenti pervaso dal predominante spirito punk del periodo.



L'albo è la prima vera avventura del "nuovo corso", dopo il pensionamento di Bloch nel numero scorso, con l'arrivo del nuovo ispettore Tyron Carpenter, fortemente ostile a Dylan Dog.

La scelta quindi delle citazioni di riferimento appaiono molto paradigmatiche: in fondo, dieci anni dopo (1986), anche Dylan nasceva sull'onda lunga dello spirito ribelle e anticonformista di quegli anni, in un clima generale di maggior conformismo sociale.

I disegni sono affidati a una delle colonne portanti della serie, quel Casertano che illustrò il numero 10, "Attraverso lo specchio", la storia che nel primo anno di vita segnò l'avvio del successo del personaggio (e, ovviamente, innumerevoli storie successive).

Per la sceneggiatura, invece, l'esordio di Simeoni, già autore di pregevoli romanzi grafici di taglio horroroso per la Bonelli: "Gli occhi e il buio" e "Stria". Simeoni conferma qui la sua scrittura elegante e colta, ricca dei precisi riferimenti storiografici cui ci aveva abituati ne "Gli occhi e il buio", una cornice mai invadente che aggiunge spessore all'inquietudine e alla narrazione.


Il citazionismo pervade l'inizio: Dylan è a letto con la bella di turno, con una vignetta che richiama il Ratto di Proserpina del Bernini (p.5). Un modo, come al solito, per ribadire il fumetto come arte.

Di lì a poco, l'arrivo di Carpenter (il nome del nuovo ispettore ricalca quello del regista citato...) è l'occasione per una riscrittura del Terzo Stato, il dipinto di Pellizza da Volpedo che, fino al nuovo corso, era citato nell'antiporta dell'albo, col "terzo stato dei mostri" guidato da Dylan Dog (p. 7).

A p. 9 invece vediamo citazioni interne dell'albo, sottili messaggi al lettore attento e di lungo corso: la custodia del clarinetto che è in realtà una bomba (dal numero uno!) e la distruzione del galeone (la tela di Penelope dylandoghiana).

A p. 11 Carpenter sequestra il distintivo di Dylan e lo arresta per essersi spacciato come falso poliziotto in innumerevoli casi. Finisce così un classico del noir citato da Dylan, e inizia invece il police procedural. Inizia però con un "errore" voluto: Carpenter ironicamente chiede a Dylan se deve leggergli il "Miranda Warning", l'avvertimento della polizia americana, per concludere che non serve, ad un ex poliziotto. Ovviamente, il Miranda là dove è legge, in USA, viene letto a tutti, mentre in Inghilterra non è in vigore.

Ovviamente l'ironia è rivolta al lettore: d'accordo, Dylan non ha più il distintivo, ma "non aspettatevi che adesso vi leggeremo ogni volta il Miranda Warning", ovvero non diventa un police procedural alla Michael Connelly. Tra l'altro Miranda, lo stupratore beneficiario della sentenza nel 1966, divenne una celebrità negli ambienti criminali fino alla sua morte in una rissa... nel 1976.

A p. 13 finalmente il titolo, con una splash page che per una volta fa un campo lungo su Craven Road (altra novità). Il locale De Gustibus Restaurant che appare accanto alla casa di Dylan appare di nuovo ironico verso l'ambivalenza di elogi e critiche che ha accolto il Nuovo Corso. Il De Gustibus apparirà di nuovo nell'ultima vignetta, nella "nuova" Craven Road, a ribadire il monito al lettore troppo sicuro della sua opinione.

A p. 14, la scena delle proteste mostra con evidenza come in Inghilterra i poliziotti hanno un identificativo sul casco (con silente polemica con l'assenza di identificazione nelle forze dell'ordine italiane?).

Circondato da manifestanti, Carpenter si rinchiude a Scotland Yard, dove è stato imprigionato il capo dei rivoltosi. A questo punto la citazione del Distretto 13 diviene evidente, e la storia procede su binari abbastanza prefissati, che non tolgono l'interesse nel vedere la reinterpretazione, con qualche bella immagine come il cartello di New Scotland Yard (archetipo in Dylan delle visite a Bloch) distrutto a p.61.



Interessante il ritorno a un grande classico dei primi Dylan, che ne confermava la grandezza "cinematografica" delle storie: la suggestione insistita di una colonna sonora. Qui i brani sono addirittura due: fin dal titolo, Anarchy in the UK, e da questo momento in poi, direi, la colonna sonora di Assault on Precint 13 (che venne anche ripresa come soundtrack di Xenon 2, grande videogame dei Bitmap Brothers).

Se preferite, intervallate anche con "London's burning" (1976), citazione dei Clash che rimanda, del resto, all'archetipo dell'incendio di Londra del 1666, parte indissolubile del mito esoterico di Londra e di Dylan Dog (che, non a caso, è nato appunto nel 1666).



L'elemento più interessante, per il nuovo corso, è però il delinearsi della figura di Rania Rakim, assistente di Carpenter di religione islamica, più disponibile a trattare con Dylan, ma abbastanza immune al suo fascino. Per il resto, come detto, tutto scorre liscio, scritto con precisione ad orologeria, godibile ma abbastanza prevedibile, fino alla fine dell'albo. Il che non è affatto un difetto, anzi, in una storia che è comunque ricca di svolte fondamentali per il personaggio.

L'interesse è, appunto, maggiore dopo la lettura dell'ultima pagina dell'albo. Non solo, come già ci si attendeva, Dylan non ha più la collaborazione della polizia. Ma si segna anche, più tra le righe e meno sbandierato, il superamento di un certo sclavismo che ormai era di maniera in autori altri che non il creatore del personaggio: la storia sull'anarchia in Inghilterra vede in modo abbastanza chiaro i mostri identificati... con i manifestanti.

Certo, Dylan ne chiarisce e ne difende le ragioni. Ma, per quanto le forze dell'ordine gli sottraggano il distintivo e lo mettano in galera, è evidente una forte prospettiva legalitaria dell'albo, che non può essere casuale. "Dylan è comunque un poliziotto", hanno sempre contestato ambiti fumettistici di sinistra radicale, infastiditi del vasto successo del personaggio "a sinistra" (per quanto queste categorie possano valere).

Ambienti fumettistici politicizzati a destra, invece, paventavano un Dylan che, con quest'albo, assumeva le ragioni dell'Anarchia, in un accentuarsi dello sclavismo. La nuova gestione sembra andare invece in direzione opposta a quella temuta (anche strumentalmente). Dylan è, più che altro, un Private Eye: può contrastare con la polizia ufficiale, e ora in modo molto più radicale quando non c'è la mediazione di Bloch, ma come ogni eroe di lontana chandleriana memoria resta dalla parte della legge.

Può capire le ragioni della protesta, ma non appoggiarla se essa giunge alla violenza. Anche il "terzo stato" identificato coi poliziotti (che vengono ad arrestare Dylan!) ha il senso di una identificazione positiva (quasi pasoliniana) delle forze dell'ordine come il polo positivo della storia. Carpenter è stolido, come il nuovo commissario donna del Cavaliere Oscuro di Frank Miller (del 1986, anno di nascita di Dylan): ma è anch'egli dalla parte dei buoni.

O, almeno, questo è quello che traspare a una prima lettura di un albo sicuramente importante e paradigmatico. Vedremo il futuro quali nuovi orrori ci porterà.


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